mercoledì 8 maggio 2013

FELICITA'? E' UN BICCHIERE DI VINO CON UN PANINO?

Questo post mi ha colpito molto perchè proprio in questi giorni riflettevo sul concetto del "sono le piccole cose che fanno la felicità" e sul fatto che se ne faccia una "filosofia di vita" (ecco come bistrattare la parola filosofia!).

Pur avvertendo la verità che tale concetto riassume, sentivo che tuttavia c'era un minus, un qualcosa che non sempre funziona.

E lo scritto di Aristotele che V. ha riportato sul suo blog (e che ringrazio davvero per avermi aperto questo squarcio di visuale) è stato in un certo senso illuminante.

Sono molto d'accordo sul fatto che si assista al  "Fenomeno diffuso dei cercatori di pillole di felicità: i quali, lungi dal fare della felicità un'attività esistenziale, si accontentano di un "sol giorno." Cercano le loro pillole in maniera disperata, come se fossero in crisi di astinenza, poi le buttano giù, senz'acqua, e aspettano l'effetto placebo" . 
Occorre dunque avere un progetto di felicità? E quale può essere davvero? La continuità basterà a salvarci?

Il mio ex marito mi ripeteva: "se ogni mattina ci si alzeremo e penseremo a quanto ci amiamo l'un l'altra, ci guarderemo ricordandoci di quanto è importante per noi che ancora quel giorno sia un giorno condiviso, in cui faremo delle cose insieme, per la nostra felicità, ci ameremo per sempre".

Che lui avesse letto Aristotele non v'è alcun dubbio, essendo docente di filosofia.
Ma forse Aristotele non voleva dire che se si fa il contrario di quanto diceva Zenone, allungando e sommando gli istanti,  si arriva all'eternità.
E il mio caro ex ne è una prova probante, perchè pur mettendocela tutta e seguendo indicazioni  e posologia, ha perso ugualmente la via. E io pure del resto.

C'è quel "come esseri umani" che credo faccia una bella differenza.

Perchè se è vero che la felicità può essere anche un panino con la mortadella ai pistacchi, bisogna aderire totalmente a quel momento.

Ne siamo capaci? Io, mi domando senza coninvolgervi troppo in questo delirio, ne sono ancora capace?

Ogni giorno cerco di costruire il mio "pezzetto di felicità", come coltivassi un orticello senza avere alcuna cognizione di botanica ma solo provando, sperimentando, aggiustando. Un vero lavoro insomma! Ari sarebbe, forse, soddisfatto. 

Anche perchè la sperimentazione fa parte di quel blister di pillole che ti rendono felice.

Fare una cosa nuova. Non è già questo bello?
Seguire una propria inclinazione, avere la fortuna di poterlo fare. Non sono già 2 cose di lusso per il nostro ego?
Avere con degli amici, magari durante una bella cena, una conversazione ricca di contenuti, che ci ha lasciato molte cose sulle quali riflettere. Non è forse una cosa che ci ha arricchito?
Farsi una sana risata. Non è uno dei piaceri più intensi?
E questo vale per tutto il resto.

Eppure, giorno dopo giorno, non sempre è così, almeno per me.

E finisce che il distacco che avverto tra quei piaceri (effimeri o no, veraci o meno) e la voglia di essere felice dentro, sono come quando si è soli in due, che è peggio che essere soli da soli.

Forse quindi quell'"Essere felici significa dimostrare di vivere come esseri umani, giorno dopo giorno" significa sentirsi davvero UMANI.
Stare dentro a questa umanità, farsela propria, sguazzarci, sporcarcisi.

E questo in effetti capita con molta più facilità nei confronti dei figli, che sono quanto di più umano derivi dal nostro essere umano.
E che sono quanto di più libero e aderente col mondo che li circondi, senza diaframmi, senza metapensieri.
E che ci ricordano (se uno lo ha provato intensamente anche solo una volta durante l'infanzia) come allora eravamo un tutt'uno con quello che facevamo.

Ecco perchè dopo aver seguito la terapia delle pillole, ritornano più forti, come schiaffoni a volte, i ricordi di infanzia.
Soprattutto mentre sono lì che bagno il famoso orticello, una folata di vento mi butta giù un vaso e mi riporta alle narici un alito di quando avevo una manciata di anni e il cuore aperto.

Mi fermo e penso che è solo l'inevitabile preoccupazione per la vita che va, e che non potrà mai restituirmi QUELLA libertà.
RassegnaMi.
Avrò sempre il cuore impegnato per una parte dal dolore delle perdite che ci son state o delle cose che non sono riuscita  trattenere. E ci sarà poi sempre una parte di esso dove girano a vuoto i prodotti della psiche, con tutti i suoi numerosi e invisibili filamenti, i contributi degli agenti esogeni e quel senso di "porta vuota eppure non so dove buttare la palla" (che è come dire, sai davvero sempre quello che vuoi? Fortunata/o!! Io no).

Quello che non ho perso è la corazza che insieme a quei dolori si è costruita da sola, senza che io me ne accorgessi (ma penso che c'hanno messo del suo qualcuno di quei filamenti) e che mio malgrado ha voluto e vuole ancora proteggermi a tutti i costi da qualcosa di cui non avevo paura e di cui forse oggi, potrei aver paura.

Il mio vero progetto di felicità esistenziale (con buona pace di Sartre) è smantellare.
Smantellare questa cosa che non ho voluto e contro la quale non ci saranno passeggiate, giornate di sole, ricordi passati   che potranno lottare al posto mio.
Potranno tutt'al più essere semplici alleàti.

E non aver paura.
Come un umano.
Un umano, troppo umano. (*)



posted by Grazia
(*) non che apprezzi particolarmente Nietzsche, ma la contraddittorietà fa parte di questo del mio mondo. Che per me è un pò quello che V. ha espresso con "Il mio pensiero, a volte, è un gran disturbatore di felicità". Anche se lei magari intendeva qualcosa di diverso. :)
 

9 commenti:

  1. sperimentare la nostra umanità e' un compito arduo, condivido e apprezzo la mortadella al pistacchio:D

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  2. per ardui compiti ci vanno energie sufficienti.
    anche per questo un "panino ignorante" fa sempre la sua parte!
    benvenuto anonimo.

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  3. Questo sì che è un post! Complimenti. Adesso però voglio rileggerlo cn più attenzione. Che merita

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    1. te ne sarei grata!
      mi hanno già detto che è complessibus.
      e anche che non ci si è capito un cazzibus.
      qualcuno, per carità, ha apprezzato e osservato che ci si sono addirittura ritrovati.
      a questo punto avrei interesse a capire.
      la tua mente lucida (oserei dire quanto il serbatoio della moto nella foto del tuo blog) sarà d'aiuto! ;)

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    2. ho fatto il bignami per maura...lo sai che non studia in questo periodo! :)

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  4. Senti Grà, io già dormo poche ore a notte e tu scrivi cose così complicate?
    Ma non potevi semplicemente mettere il testo della canzone di Albano e Romina, porcaccialamiseria?

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  5. ma come? la BIBI? quel pezzettino d'angelo custodito? non ti fa dormire?
    non ci credo e basta.
    sarò più breve:
    la felicità non è la felicità descritta da Al Bagno e Rovina Shower, quello è un qualcosa così, che ti aiuta, ti migliora certi momenti (il panino ignorante, due risate con maura e pino...)
    tuttavia se TU non ti levi di torno (uccidendoli, seminandoli, coriandolandoli, cementandoli vivi.... prevalentemente accettandoli) i tuoi fantasmi (perchè ci stanno, lo so che ci stanno. Abbiamo iniziato a farceli da poco più grandi che Bibi), un momento dopo addentato il panino e salutato maura e pino, starai da capo a 12.
    E ora ssssshhh, dormi....
    :)

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  6. E' vero, ci sono quei fantasmi, ma bisogna smacchiarli ben benino.

    Dai una letta a Camus ed al suo Sisifo.

    Per quanto riguarda tuo marito (indipendente dalle ragioni e verità):
    La filosofia è un mezzo, il problema sta nel conducente.

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    1. Di Camus ho letto solo Lo straniero ma il suggerimento mi pare interessante, grazie!

      Quanto ai fantasmi sono presenze cui ci si abitua e come tutte le cose che diventano familiari, alle volte le senti di più, altre meno, fino quasi a sparire.

      Bella considerazione poi quella del conducente. Si applica a molte cose di cui viviamo la quotidianeità...internet, la parola, il lavoro, l'auto stessa...sono tutti strumenti, l'importante è chi e come li usa!

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